Il trombettista fiorentino Franco Baggiani è uno sperimentatore nell’uso del suo strumento e nella scrittura, uno sperimentatore radicale capace di regalarci proposte che, nella loro audacia non scontata, risultano sempre preziose e interessanti, e persino imprevedibili grazie all’ibridazione degli stili più diversi, dall’etno alla dance, dal cool all’elettronica.
Chi s’aspettava, ad esempio, di trovare in un album dal titolo “The dead city”, dedicato alla memoria del padre Giuseppe e dove compaiono brani come il sontuoso blues “A funeral march”, una deriva giocosa, surreale, ironica? Basta ascoltare i 17 minuti di “Suite for my father” per rendersi conto della straordinaria abilità di Baggiani nel tenere insieme in una dimensione di avanguardia il gospel (When the saints), Mameli (Fratelli d’Italia), il funk e molte altre cose ancora. E allora diciamo che Baggiani ama il contrasto, e soprattutto che il contrasto gli riesce bene. Ama i bordi sui quali si muove senza precipitare però nell’abisso del non senso, dell’intellettualismo o del virtuosismo. E ci diverte con la sua irriverenza come in “Bla bla bla bla” dove imita con la musica il vociare dissonante del linguaggio umano o come “I’m for sale” dove legge, accompagnato da un mantra malinconico che fa sottofondo, la lista di alcuni oggetti usati in vendita: “box doccia angolare 4 ante in vetro stampato, profili in alluminio, escluso piatto doccia, vendo 50 euro/ lettino con materasso chicco … vendo 70 euro. Trattabili”. Un pezzo di musica, di performance, di teatro off, di sperimentazione linguistica, di originale divagazione sul consumo: un pezzo curiosamente ludico e terribilmente serio.
- The dead city
- The sweetness in your eyes
- 0 'icche 'ole
- Suite for my father
- 1996 (winter version)
- A funeral march
- Bla bla bla
- I'm for sale
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